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Social impact bond, la finanza innovativa che rivoluzionerà il welfare in Italia

La finanza al servizio del re-inserimento sociale dei detenuti italiani. È il progetto – già attivato in via sperimentale nel carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino – per finanziare programmi di recupero individuali dei carcerati.

Come funziona questo programma? Attraverso obbligazioni – i social impact bond – che il settore pubblico emette al fine di raccogliere fondi privati per finanziare servizi di welfare. La remunerazione del capitale – cioè il profitto che sarà riconosciuto all’investitore alla scadenza dell’obbligazione – viene calcolato non in base a parametri economico-finanziari, bensì al raggiungimento di un risultato ‘sociale’, ottenuto col servizio erogato grazie al capitale accumulato con i social bond.

Un modello di welfare pensato in Inghilterra, per il carcere di Peterborough, e poi esportato negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, seppur in poche strutture e ancora in via sperimentale.

I social bond rispondono alla logica del payment-by-result. Lo Stato definisce programmi di recupero personalizzato per i detenuti, in modo da far aumentare esponenzialmente le percentuali di loro re-inserimento in società. Qui intervengono i capitali privati, che finanziano il programma e i servizi socio-rieducativi offerti nelle carceri. Una volta che un ente terzo avrà quantificato il successo di questa politica, valutando la quantità e la qualità dei re-inserimenti, lo Stato riconoscerà agli investitori una remunerazione.

I social impact bond si presentano come un interessante strumento. Da un lato provano a colmare il divario tra i bisogni sociali da affrontare e i fondi disponibili: nonostante il welfare in Italia sia già uno dei più costosi a livello europeo, le casse pubbliche hanno bisogno di attrarre nuove risorse per mantenere servizi che altrimenti non riuscirebbero a garantire.

Dall’altro, permettono di creare profitto garantendo ricadute positive: sul territorio, con la diminuzione della criminalità, e sul detenuto tornato in libertà, che una volta scontata la pena vedrà abbattersi le possibilità di tornare nel circuito carcerario.

La domanda sorge spontanea: lo Stato, in un contesto dove il pubblico fatica sempre più a trovare risorse, dove troverà i soldi per riconoscere i premi di investimento? Risparmiando sui servizi detentivi che non dovranno più essere erogati grazie al rilascio definitivo di molti carcerati. Con questi capitali verranno remunerati gli investitori.

Questa forma di collaborazione tra pubblico e privato, nonostante alcune critiche – in Italia, infatti, la disciplina dei contratti pubblici è particolarmente rigida e prevede precisi obblighi sulla rendicontazione delle spese – è stata promossa dal ministro della giustizia Andrea Orlando.

Solo attraverso la diminuzione del tasso di recidiva – ha detto Orlando – si può garantire la sicurezza della comunità. Ciò comporta una programmazione di lungo periodo che presuppone dunque un ripensamento del modello carcerario, non prevedendo più pene uguali per casi diversi, ma interventi individualizzati e adatti a ciascun caso”.